“Cara tu dici che ami i fiori
e li strappi dai campi,
dici che ami gli animali
e te li mangi.
Cara, quando dici che mi ami,
io ho paura!”
C’è chi diventa vegetariano o vegano, però alle piante ci parla o fa loro ascoltare la musica. Un atto di gentilezza messo in pratica perché, in generale, pare che contribuisca a far crescere meglio anche gli esseri vegetali.
Se questo è vero (pare lo sia) dovrebbe indurre alla riflessione sull’incompatibilità che l’atto stesso mette in luce, fra la dieta vegetariana e la cura amorevole delle piante che, in alcune loro versioni, vengono utilizzate come alimenti o nelle costruzioni, nell’arredo, nella moda … sfruttandone le caratteristiche… che sono però fruibili solo interrompendo le loro funzioni vitali.
Comunque sia, se parli al mondo vegetale significa che lo ritieni composto da creature vive, senzienti, capaci di reagire agli stimoli. E questo ti mette sullo stesso piano di chi ama gli animali, e al tempo stesso non disdegna il petto di pollo, la fettina, il prosciutto, etc.
A ben vedere non c’è comportamento alimentare e sociale sensatamente motivabile con il rispetto di ciò che si esclude dalla propria alimentazione o dall’uso di suoi derivati in vari settori.
Tutti noi, ognuno a modo suo e senza scrupoli evidenti, dividiamo sia il mondo animale che quello vegetale in due distinte classi che possiamo riassumere in “sacrificabile o no”.
Dovrebbe quindi risultare evidente che quando ci definiamo “sensibili” ci stiamo in realtà riferendo ad una costruzione personale, soggettiva, legittima, relativa e risultante da un mix di condizionamenti, consapevolezze, conoscenze, curiosità, elasticità mentale, onestà intellettuale … oltre che da una miriade di altri fattori più o meno razionali.
Diciamo di amare gli animali e per dimostrarlo li teniamo stretti a noi coprendoli di “cose” al punto da considerarli compagni di vita, umanizzandone i comportamenti.
Diamo loro più attenzioni che ai nostri simili e spendiamo miliardi in cibi “pet” senza curarci di cosa significhi produrre quegli alimenti che sono, pure loro, necessariamente composti sia da fonti vegetali che animali:
https://nutriamocidibuonsenso.it/cosa-mangia-il-vostro-gatto/
Gli animali dai quali cerchiamo compagnia li trasformiamo in replicanti delle nostre aspettative e necessità. E per ottenere questi risultati non esitiamo però a sterilizzarli e ad abituarli a rispettare le nostre di abitudini e i nostri limiti, negando loro – di fatto – l’esperienza di essere liberi e indipendenti, accogliendoli in recinti che chiamiamo case oggettivamente innaturali per degli animali. E lo facciamo per assecondare le nostre fantasie di “amorevoli padroni”.
Non ci rendiamo conto che quelle amorevoli cure condizionano quell’essere che si adegua a situazioni di agio che lo “modificherà”. Queste forme di allontanamento dallo stato “brado” avvengono anche in modo spontaneo in situazioni che però facciamo fatica ad accettare: i casi degli orsi, dei cinghiali, delle volpi, … che si avvicinano ai centri abitati, consapevoli di trovarci opportunità di nutrimento più comode, dimostrano come gli animali approfittano volentieri, come noi, delle comodità quando queste si rendono disponibili.
Senza tener conto di altre funzioni utilitarie che attribuiamo al mondo animale, come le attività sportive e quelle ludiche per cui vengono addomesticati e trasformati in strumenti del nostro piacere e divertimento.
Ci sono poi persone che oltre ad esercitare le conseguenze del proprio credo, cercano anche di influenzare chi ha convinzioni fragili su questi temi, dirigendo la loro attenzione solo su alcuni rappresentanti del mondo animale. Quelli cioè destinati all’alimentazione umana, definendoli vittime di soprusi non solo per il fatto di essere destinati alle ricette di cucina, ma andando ad analizzare ogni aspetto delle fasi di allevamento.
Per i polli -per esempio- considerano gli allevamenti intensivi protetti come luoghi di tortura dove viene negato all’animale il diritto di esprimere comportamenti naturali, quando invece è addirittura vero il contrario:
https://nutriamocidibuonsenso.it/lavicoltura-e-il-paradosso-della-ricerca-della-sostenibilita/
Queste persone, non avendo rapporti diretti con le filiere del mondo avicolo, si procurano rocambolescamente materiali video che appartengono a realtà fuori controllo … e li divulgano, nonostante quelle immagini non siano rappresentative del comparto degli allevatori delle filiere professionali controllate.
Anche quando gli si dimostra che non è vero, queste persone si sbracciano per denunciare le precauzioni (prese negli allevamenti di polli per evitare che gli animali si feriscano fra loro e si ammalino), descrivendole come testimonianze di crudeltà e di fatto travisando fatti che hanno invece tutt’altro scopo:
https://nutriamocidibuonsenso.it/cosa-sappiamo-e-da-chi-sugli-allevamenti-avicoli/
E dire che chi porta avanti queste “denunce” sono le stesse persone che, solo per fare un esempio, sterilizzano i loro “amici” (perché “… se poi fa i cuccioli dove li metto…”) e condizionano pesantemente l’espressione naturale dei loro istinti: la vita sociale, l’accoppiamento, il procacciamento del cibo, l’istintiva difesa del territorio, le esigenze di espellere feci e urine dove e quando necessitano, ecc.
Sulla questione della sensibilità dei vegetali alcuni affermano che “le piante non hanno sistema nervoso, quindi non soffrono”. Probabilmente costoro sono dotati essi stessi di un sistema nervoso diverso anch’esso … un sistema che potenzialmente trasforma il diverso in un’entità che va trattata diversamente solo perché non corrisponde all’idea di dolore inteso dagli umani … A costoro dovrebbe essere spiegato che non esiste nel “creato” qualcosa di già morto o inanimato -e al contempo organico a prescindere- che sia destinato per volere divino al nostro nutrimento.
Alleghiamo qui altre riflessioni: https://nutriamocidibuonsenso.it/lillusionismo-alimentare/
E voi? L’avete fatto il vostro personale elenco di quali animali e quali piante siano “sacrificabili o no”?