Lo comprereste un pollo a 50 euro al supermercato?

Immagine tratta da Science for Sustainable Agriculture

La risposta crediamo sia abbastanza ovvia: No!

Ma la domanda serve per affrontare in modo concreto passo dopo passo quanti continuano a denunciare il presunto maltrattamento nel mondo dell’industria avicola. Sono molte le persone di ogni estrazione e cultura che su questo tema ritengono di essere informate solo per aver ascoltato qualche servizio televisivo o letto qualche articolo. Pochissimi sono invece coloro che si curano di verificare e approfondire.

Sono insomma molto numerosi coloro che si abbandonano a critiche mutuate unicamente da quello che sentono e vedono da chi per mestiere strumentalizza le attività che si svolgono negli allevamenti protetti (chiamati intensivi soprattutto da chi intende denigrarli).

Tuttavia il settore avicolo sceglie quasi sempre di non impegnarsi nel dare risposte a queste fake perché è già capitato di trovarsi ad avere a che fare con idealisti sordi e chiusi nelle loro convinzioni basate sempre su visioni alterate della realtà e impermeabili anche alle più documentate risposte scientifiche.

Fino a 70 anni fa tutti erano in grado di allevare delle galline, raccoglierne le uova e persino di ucciderle senza svenire, né farsi crocifiggere dai figli animalisti. Oggi è diverso perché nel frattempo i sistemi di organizzazione per la produzione del cibo si sono raffinati e perfezionati soprattutto per rendere facile accedere a cibo di qualità a basso costo a miliardi di persone.

Fra i temi avicoli di cui si sente parlare con una certa frequenza c’è quello dei pulcini maschi che vengono soppressi. Stupisce che al pubblico arrivi l’informazione proprio così: “i pulcini maschi vengono soppressi, vergogna!”. È il classico tema che va spiegato bene dove, come, quando, perché…

Proviamo a farvi una sintesi.

Prima di tutto va chiarito che gli allevatori lavorano per garantire la salute e il benessere degli animali che allevano. Premesso che si parla di animali che sono allevati per la nostra alimentazione, animali non in salute non si possono vendere. Se salute e benessere non fossero assicurati e certificati non si potrebbe procedere alla vendita e questo significa che non ci sarebbero né carne, né uova in quantità disponibili a soddisfare la richiesta dei milioni di consumatori che polli e uova li comprano e li chiedono, soprattutto per le qualità nutritive e i costi ridotti.

Torniamo ai pulcini maschi.

Esistono due diversi sistemi di allevamento per due scopi diversi:

  1. gli allevamenti pensati per fornire uova per uso alimentare, che sono costituiti da animali cosiddetti riproduttori leggeri
  2. gli allevamenti pensati per fornire carne, che sono costituiti da animali cosiddetti riproduttori pesanti

I pulcini nascono tutti dalle uova, questo speriamo sia chiaro e ovvio.

Ma i pulcini che cresceranno fino a diventare capaci di produrre uova non sono gli stessi che cresceranno per produrre carne per la nostra alimentazione, soprattutto perché hanno “genitori” diversi, di razze diverse, selezionate per ottenere risultati diversi.

Per capirci meglio possiamo dire che anche nel settore avicolo c’è il rispetto per un determinato pedigree, come accade per cani e cavalli, sempre tramite noi sapiens. E il pedigree è un termine pomposo per dire in modo diverso “SELEZIONE” che sottintende che c’è stata una sequenza di selezioni fra riproduttori per scegliere quelli con determinate caratteristiche ritenute dall’uomo (maschio e femmina) come ideali per un determinato scopo.

Il settore avicolo, negli anni (da circa 70 anni) ha selezionato le razze avicole più forti e meno esigenti. Oggi gli animali da allevamento hanno sviluppato caratteristiche che li rendono “efficienti” e cioè hanno bisogno di mangiare e bere meno. Questo incide sui costi finali e non di meno sull’impatto ambientale.

Si tratta comunque di una selezione continua e che andrebbe vista -con i relativi distinguo- come l’applicazione della logica della selezione sportiva. I migliori atleti vengono selezionati e allenati per dare il massimo, agendo sulla loro alimentazione e sul loro stile di vita.

Ma anche fuori dallo sport potete osservare come noi umani cresciamo e ci sviluppiamo in stretta relazione con l’ambiente in cui viviamo, con ciò che mangiamo e con lo stile di vita che conduciamo.

Ogni generazione umana vede la sua progenie crescere e svilupparsi in relazione a tutti questi elementi combinati fra loro. Succede anche con gli animali d’allevamento. Solo che negli allevamenti la concentrazione sulle possibili combinazioni e sui loro risultati è oggetto di costante osservazione.

Comunque torniamo al tema principale: gli allevamenti che forniscono uova da consumo sono popolati da galline ovaiole che sono animali che nascono da riproduttori leggeri (maschio+femmina ovviamente) che generano uova fecondate. Da queste uova nasceranno pulcini maschi e femmine.

Le femmine portano con loro i geni di chi le ha generate e saranno quindi le prossime ovaiole di lì a 5 mesi. Saranno animali accuditi nel loro benessere e nutriti con mangimi selezionati. Il loro sviluppo e mantenimento viene adeguatamente curato nel rispetto delle loro esigenze e tendenzialmente ospitati in voliere.

Ricordiamo una cosa importante: le femmine delle ovaiole appartengono ad una razza selezionata per produrre uova e le loro caratteristiche richiedono precise attenzioni e precise “diete” alimentari nel rispetto delle loro esigenze individuate da anni di studi… il benessere animale è anche questo.

I maschi che nascono dai riproduttori di pulcini di galline ovaiole, anche loro derivano dalla medesima selezione, ma sono maschi e il loro sviluppo determinato dal loro patrimonio genetico, oltre a non consentirgli di produrre uova gli impedisce di crescere sul piano muscolare come invece fanno i maschi che nascono dai riproduttori “pesanti” che generano invece maschi e femmine (che sono entrambi polli, cosiddetti broiler) che crescono entrambi sviluppando masse muscolari diverse da quelle dei maschi nati dalle galline ovaiole. Chiaro fin qui? Speriamo.

Se questi maschi, con geni appartenenti alla genetica delle ovaiole, li prendessimo e li mettessimo insieme ai pulcini nati dai riproduttori pesanti, noteremmo una grande differenza di sviluppo fisico a pari trattamento. Sarebbero degli animali mingherlini rispetto ai fratelli di genetica diversa. E sarebbe impossibile, proprio per questioni di geni, anche solo attendere che si potessero sviluppare come i broiler (che sono i polli allevati per la loro carne e derivanti dai “riproduttori pesanti”).

Essendo che gli allevamenti protetti (intensivi) hanno calendari di gestione, manutenzione e rinnovo degli ospiti molto preciso anche per questioni di costi e di gestione della filiera che poi porta, a te che leggi, sia le uova che la carne con una continuità che se non ci fosse te ne accorgeresti, se anche quel maschio fosse cresciuto con i cugini “pesanti” nessuno lo comprerebbe. E sarebbe -anche se è brutto da dire- un costo rilevante… perché ovviamente non si tratta di qualche decina di animali, ma di milioni.

La maggior parte dei maschi fino a “ieri” veniva eliminata subito per un motivo puramente economico. Nel 2027 sarà tuttavia vietata la soppressione dei maschi.

Tuttavia spieghiamo perché questa pratica era ritenuta necessaria: allevarli significa affrontare costi elevati sapendo che “il mercato” (il mercato siamo noi consumatori!) non li comprerebbe a causa di un prezzo di vendita troppo alto. Ne risulterebbe una perdita molto rilevante non coperta dai margini ridotti del sistema avicolo che lavora costantemente soprattutto per mantenere bassi i prezzi e contemporaneamente alta la qualità di uova, carni e benessere degli animali allevati… che sono le richieste precise e costanti del “mercato”.

Per andare ancor più nel dettaglio e meglio comprendere la questione dei costi, è utile conoscere il termine “conversione” che in questo settore indica la capacità dell’animale di tradurre in carne ciò che mangia e beve. Le prossime due righe chiariranno, anche ai più lontani da questo ambiente, le dimensioni del problema economico:

  • un maschio nato da ovaiole cresce circa di 1kg in carne per ogni 5kg di mangime e 10 litri di acqua di cui si nutre
  •  un broiler – nato quindi da riproduttori pesanti (maschio o femmina è indifferente) – cresce di 1kg in carne ogni 1,6 kg di mangime e 3 litri di acqua di cui si nutre

Questo significa che per produrre la stessa quantità di peso (in carne) di un broiler serve un terzo del tempo che servirebbe per farlo con un maschio derivante da ovaiole. Per produrre la stessa quantità di carne prodotta da un allevamento di broiler sarebbe necessario disporre di tre volte gli spazi (allevamenti) e tre volte il tempo.

Per dirlo ancora in altro modo, se cominciassimo nello stesso momento ad allevare in due allevamenti delle stesse dimensioni -per es. 10mila animali- da una parte maschi da ovaiole e dall’altra broiler, quando i maschi da ovaiole avessero raggiunto il peso richiesto dal mercato, nel frattempo -e nello stesso tempo- l’allevamento dei broiler avrebbe dato luogo a “tre produzioni” (30mila animali quindi) che detta così suona male, ma stiamo sempre parlando di animali destinati alla nostra tavola.

Se il sistema non si curasse di questi aspetti sensibili, richiesti dai consumatori, potrebbe tranquillamente evitare di impegnarsi in costanti investimenti per tutelare animali e clienti, ma per contro si troverebbe ad avere un’importante lievitazione dei costi che l’intera filiera dovrebbe inevitabilmente ribaltare sul prezzo al consumatore.

Ed ecco spiegato il titolo provocatorio di questo articolo. Perché per dare retta a tutte le obiezioni di chi non sa cosa significa allevare e produrre qualità e rispetto per l’ambiente e i consumatori, si dovrebbe garantire la medesima disponibilità di carne e uova di cui oggi disponiamo, ma si dovrebbe incrementare il numero e le dimensioni degli allevamenti e aumenterebbe il consumo in energia e mangimi (più lunga è la vita di un animale più necessita di cibo e acqua).

Un esempio di quanto appena indicato c’è già, ma riguarda (necessariamente) una minima parte di produzione definibile sperimentale e di nicchia e comunque slegata dal sistema avicolo “industriale” sebbene possibile grazie proprio ad una costola dell’industria avicola stessa che si rende disponibile per questi mini-progetti. L’esempio fa capo all’organizzazione “la marca del consumatore” che ha coinvolto una nicchia di consumatori (appunto) per valutare quali fossero le caratteristiche accoglibili sia da produttori che da consumatori. I dettagli si possono vedere a questo link: https://lamarcadelconsumatore.it/prodotti/uova/ Le uova di questo “esperimento” -che è comunque di natura mista – commerciale e di sistema- sono state prodotte con criteri non dissimili dalla stragrande maggioranza di quanto già in atto nel settore, ma con una importante differenza relativa al prezzo finale che propone 3,16 euro per 6 uova.

Del prezzo consigliato, poco meno di metà è riservato all’allevatore cui in questo modo si garantisce un guadagno considerato equo e di maggior tutela per il produttore. Impresa meritoria, ma destinata a restare una nicchia sia come operazione, sia come destinatari: l’industria avicola lavora per rendere accessibili i prodotti, e l’accessibilità riguarda soprattutto il prezzo.

Tuttavia l’industria avicola è capace di gestire tutte le variabili in gioco per non togliere nulla alla qualità di carne e uova pur tenendo il prezzo sotto controllo. E questo si può fare solo spalmando i costi su grandi quantità.

Le pratiche di trattamento degli animali nelle due filiere indicate sono costantemente oggetto di migliorie sempre legate al rispetto del benessere animale e agli obiettivi di “vendibilità”.

Per esempio:

  • si stanno perfezionando sistemi di “sessaggio in ovo” che dovrebbero consentire di conoscere prima della schiusa il sesso del futuro pulcino già quando è in fase embrionale per eliminare l’uovo e non il pulcino;
  • molti pulcini maschi che nascono dalle ovaiole vengono spesso indirizzati verso la “carriera da cappone” per soddisfare le nostre abitudini della mensa natalizia;
  • altri di quei pulcini maschi prendono invece l’indirizzo degli zoo come cibo per altri animali.

Per limitare i costi al consumatore e garantire qualità, il settore sta facendo molto. Lo fa però senza dirlo.

Questa forse è la sua unica grande colpa.

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Autore: Staff