Il settore avicolo: quantità, mortalità e contesti a confronto

Il settore avicolo rappresenta la fonte di proteine animali più diffusa e consumata a livello globale.

I suoi numeri sono impressionanti e spesso sollevano importanti questioni su produzione, benessere e impatto ambientale. Proviamo allora ad affrontare e descrivere le più discusse osservandole senza le suggestioni e le strumentalizzazioni che spesso generano.

Quantità e dimensioni globali

L’industria avicola è misurata in decine di miliardi di capi ogni anno. Una scala numerica dettata dalla domanda mondiale di carne di pollo (più conveniente) e uova.

Dati quantitativi della produzione globale annua

Polli da carne (Broiler) – Oltre 70 miliardi di capi

Galline ovaiole (Laying Hens) – Circa 7,5-8 miliardi di capi

Dati quantitativi della produzione dell’Unione Europea (stima)

Polli da carne (Broiler) – Circa 7 miliardi di capi

Galline ovaiole (Laying Hens) – Circa 400-450 milioni di capi

Questi numeri rendono il pollo l’animale da allevamento più numeroso al mondo. Si tratta di numeri giustificati dalla dimensione della popolazione umana mondiale che richiede accesso a fonti proteiche di qualità e a basso costo.

Tasso di mortalità e cause negli allevamenti intensivi

Il tasso di mortalità negli allevamenti industriali è un indicatore cruciale di benessere, gestione e redditività. I tassi di mortalità sono mantenuti a livelli molto bassi grazie a rigorosi protocolli sanitari, e sono influenzati dalla genetica degli animali e dalla densità di popolazione.

Tassi di mortalità tipici

Polli da carne (broiler)

Il tasso di mortalità considerato accettabile è generalmente molto basso, spesso inferiore al 3-5% del gruppo totale nel breve ciclo di vita (35-45 giorni). Tassi superiori al 5% sono considerati un segnale di allarme per problemi di gestione o malattie (che genera analisi approfondite per identificare cause eliminabili).

Galline ovaiole

Il tasso è generalmente più alto, data la vita più lunga (circa 1 anno di produzione). Le perdite cumulative annuali possono variare tra il 6% e il 10%.

Cause prevalenti di mortalità in allevamento

Le cause principali sono divise tra problemi legati alla selezione genetica e gli agenti infettivi:

Problemi metabolici e cardiaci (nei broiler)

La causa principale è la selezione genetica per una crescita rapida. Questo tende a portare una sproporzione tra la crescita muscolare e lo sviluppo degli organi interni e del sistema scheletrico, fattori tuttavia oggetto di costanti interventi sulla selezione a monte al fine di correggere/eliminare queste evidenze tenendo conto che l’interesse degli allevatori e delle aziende di selezione è sempre quello di disporre di animali in salute.

Ascite (ritenzione idrica) e sindrome della morte improvvisa (Sudden Death Syndrome) sono comuni, causate dallo stress sul sistema cardiovascolare che non riesce a sostenere il corpo in rapida crescita. Anche questi casi sono oggetto di costanti interventi sulla selezione a monte al fine di correggere/eliminare queste evidenze tenendo conto che l’interesse degli allevatori e delle aziende di selezione è sempre quello di disporre di animali in salute.

Malattie infettive e respiratorie

Nonostante l’uso di vaccini e la biosicurezza, le infezioni batteriche o virali (come la Malattia di Marek, la Coccidiosi o le bronchiti) si diffondono rapidamente in ambienti ad alta densità laddove si verificasse una condizione (sempre involontaria) che ne agevoli l’insorgenza.

Fattori ambientali e gestionali

Dissenteria e lesioni dovute a lettiere umide o condizioni igieniche precarie.

Stress termico (caldo o freddo eccessivo) dovuto a ventilazione o riscaldamento inadeguati.

Il confronto: mortalità in natura

Per fare un confronto attendibile, non si deve considerare il pollo domestico (che non esiste allo stato brado), ma il suo antenato selvatico, il Gallo rosso della giungla (Gallus gallus), o altri uccelli selvatici terricoli.

Il confronto rivela una realtà brutale per gli animali in natura:

Punti chiave del confronto

Predazione

In natura, la stragrande maggioranza dei pulcini e degli animali giovani (fino a 12 settimane) viene uccisa da predatori (rapaci, mammiferi, rettili). Negli allevamenti, questo fattore è completamente assente.

Esposizione e fame

Le variazioni climatiche, l’accesso limitato all’acqua e la difficoltà a trovare cibo adeguato portano a tassi di mortalità estremamente elevati tra i giovani selvatici.

Longevità

Un pollo da carne in allevamento ha un’aspettativa di vita breve (circa 6 settimane), riducendo il tempo in cui è esposto a fattori di rischio. Gli uccelli selvatici che sopravvivono i primi mesi hanno un tasso di mortalità adulta più basso, ma la sopravvivenza complessiva di una covata è infinitamente inferiore rispetto alla produzione di un gruppo di allevamento.

In sintesi, mentre il pollo d’allevamento affronta sfide specifiche legate alla sua genetica e alle condizioni di densità, la sua probabilità di morire è di gran lunga inferiore a quella di un suo omologo in natura, dove il fattore dominante è la predazione e il fallimento ambientale.

Con “fallimento ambientale” ci riferiamo a tutti quei fattori naturali e non controllati che, nell’ambiente selvatico, impediscono agli animali di sopravvivere, specialmente nelle prime fasi di vita. In sostanza, è la mancanza di supporto dell’ambiente che porta alla morte, anziché un problema interno all’animale (come la malattia o il problema metabolico).

Ci sono almeno tre elementi principali che costituiscono il “fallimento ambientale” per i polli selvatici o animali terricoli:

Insuccesso alimentare (fame)

Un pulcino selvatico deve imparare subito a procurarsi il cibo.

Cosa succede: se la disponibilità di insetti, semi e germogli è scarsa a causa di siccità, freddo prolungato o scarsa competizione, i pulcini non riescono a ottenere l’energia necessaria per crescere e mantenere la temperatura corporea.

Risultato: morte per fame o indebolimento tale da renderli facili prede.

Esposizione agli elementi atmosferici

Gli animali selvatici sono direttamente esposti alle intemperie, senza ripari artificiali o riscaldamento.

Cosa succede: temperature troppo rigide, piogge torrenziali o umidità elevata (che inficia il piumaggio) possono causare rapidamente l’ipotermia nei pulcini, che hanno una capacità limitata di termoregolazione.

Risultato: morte per stress termico o malattie respiratorie derivanti dall’esposizione prolungata al freddo/umido.

Mancanza di riparo efficace

Il nido o il riparo in natura è spesso vulnerabile.

Cosa succede: se il riparo scelto dalla gallina non è adeguato o viene compromesso da inondazioni, vento o incendi, i pulcini restano esposti a predatori e intemperie. Inoltre, i parassiti (zecche, acari) sono molto più difficili da controllare in un ambiente non igienizzato.

Risultato: aumento del tasso di predazione o debilitazione per infestazioni parassitarie.

In contrasto, in un allevamento convenzionale, tutti questi fattori ambientali sono attivamente controllati (fornitura costante di cibo e acqua, riscaldamento, ventilazione, protezione fisica da predatori). Questo spiega perché il tasso di mortalità in allevamento, nonostante le problematiche legate alla genetica, è drasticamente più basso rispetto a quello in natura.

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Autore: Staff